Bere Bene: Il servizio come risposta al cash and carry
Logistica efficiente, Installazione e assistenza impianti alla spina, Consulenza per l’apertura di locali.
In risposta all’evoluzione del mercato, la Bere Bene di Castelletto Monferrato offre alla sua clientela, prima di un prodotto, un servizio.
Alla fine degli anni ’60 Carlo Depaoli con il supporto della San Bernardo, di cui allora era agente per la zona di Alessandria, apre un'azienda di distribuzione di bevande e alimentari non freschi nel centro della città. La sua ragione sociale era CABA, acronimo di Centro Alimentari Bevande Alessandria, che manterrà fino al 2013, quando prenderà l'attuale denominazione di Bere Bene. A differenza dei distributori di quegli anni, l'azienda di Carlo Depaoli parte subito con un'ampia gamma di prodotti: soprattutto acque minerali e bibite, ovviamente de gruppo San Bernardo, poi birra, vino e superalcolici, ma anche prodotti alimentari in scatola.
“Lo scenario nel quale l’azienda è nata si presentava altamente differente rispetto a quello odierno” racconta Marco Depaoli. Oltre alle strutture dell’HORECA, la nostra clientela era costituita da un considerevole numero di negozi, in quanto ogni isolato aveva il suo punto di vendita di generi alimentari e bevande. Inoltre, una cospicua parte dello smercio di prodotti di CABA era rappresentato dalla consegna a domicilio ai privati sia in città che nei paesi limitrofi. Anche le nostre differenze erano totalmente diverse sia nel genere che nel numero.
Ad esempio, la normativa vigente allora permetteva la fabbricazione di bibite nei propri magazzini (da lì il termine “gazzosai” affibbiato ai distributori di bevande) e ora nei macchinari, così come le bottiglie per il seltz, giacciono nei nostri magazzini a testimonianza del passato. La maggioranza degli imballi commercializzati erano costituiti da casse in legno o plastica contenenti bottiglie in vetro da riutilizzare. Il packaging era “cauzionato” e veniva ritirato dal “gazzosaio” una volta vuoto per poter poi essere riavviato al processo produttivo, il procedimento sarebbe saggio anche oggi, in tempi di allarme inquinamento e crisi economica”.
Il valore dell'HORECA
"In quegli anni, i competitors erano esclusivamente rappresentati dagli altri distributori di bevande, ma nel volgere di qualche decennio lo scenario è cambiato rapidamente - continua Marco Depaoli. - In primis, a causa della nascita di supermercati e cash & carry, che hanno portato a una diminuzione dei negozi di quartiere e hanno rappresentato sia per gli esercenti che per i privati un'alternativa per l'approvvigionamento di bevande.
Anche lo stile di vita è cambiato e la consegna a domicilio è diventata più rara poiché sempre più sovente le abitazioni sono vuote durante l'orario di lavoro. Quindi, i contenitori 'a rendere' sono scomparsi quasi del tutto. Questo ha portato CABA a modificare radicalmente la propria attività. Abbandonata quasi totalmente la consegna a domicilio alle famiglie e vista anche la progressiva scomparsa dei negozi di quartiere, ci si è concentrati sull'HORECA offrendo, ancor prima di un prodotto un servizio, l'unica chance per essere antagonisti del cash & carry".
“Lo scenario nel quale l’azienda è nata si presentava altamente differente rispetto a quello odierno” racconta Marco Depaoli. Oltre alle strutture dell’HORECA, la nostra clientela era costituita da un considerevole numero di negozi, in quanto ogni isolato aveva il suo punto di vendita di generi alimentari e bevande. Inoltre, una cospicua parte dello smercio di prodotti di CABA era rappresentato dalla consegna a domicilio ai privati sia in città che nei paesi limitrofi. Anche le nostre differenze erano totalmente diverse sia nel genere che nel numero.
Ad esempio, la normativa vigente allora permetteva la fabbricazione di bibite nei propri magazzini (da lì il termine “gazzosai” affibbiato ai distributori di bevande) e ora nei macchinari, così come le bottiglie per il seltz, giacciono nei nostri magazzini a testimonianza del passato. La maggioranza degli imballi commercializzati erano costituiti da casse in legno o plastica contenenti bottiglie in vetro da riutilizzare. Il packaging era “cauzionato” e veniva ritirato dal “gazzosaio” una volta vuoto per poter poi essere riavviato al processo produttivo, il procedimento sarebbe saggio anche oggi, in tempi di allarme inquinamento e crisi economica”.